“CASCINA LE MADONNE”: arca degli archi, delle cose e delle storie resuscitate.
CASCINA LE MADONNE – Lievitata oltre l’altezza delle altre cascine, i suoi tetti possono conversare solo con quelli della chiesa del paese, secondogenita dopo “Le Madonne” dello stile neogotico a cui è stata convertita negli anni trenta dopo uno scialbo passato vissuto nei panni architettonici di un romanico qualunque.
Le pretese della cascina di scalare le prime pendici del cielo sono sostenute dalla somma diligente degli innumerevoli mattoni in muri a più teste e dalla potenza statica dei suoi archi a sesto acuto. Confezionando un calembour un po’ pedestre: il sesto di Sesto, si potrebbe segnalare l’appartenenza della cascina al comune di Sesto Cremonese, anche se in condizione ancillare in quanto particellaimmobiliare della frazione di Luignano, il più piccolo dei suoi tre satelliti, dimenticato forse da Dio, sicuramente dagli uomini, a partire perlomeno dagli anni sessanta che hanno visto l’esodo massiccio dei suoi abitanti verso la città o in altri paesi della zona.
Chi soggiornerà nel B&B “Le Madonne” si troverà ad attraversare spazi arredati perseguendo più o meno coerentemente il tentativo di creare all’interno delle stanze e nei luoghi all’aperto un’atmosfera da “Wunderkammer de noantri” (nel duplice senso di un insieme composito di oggetti di ascendenza vernacolare, senza alcuna pretesa di preziosità ed esclusività nobiliare e dall’essersi originata da un’ormai lontana militanza Porta Portesiana) ibridata da quella tra l’ironico e il crepuscolare prodotta dalle “buone cose di pessimo gusto” esemplificate dalla famosa poesia di Gozzano di cui il proprietario del B&B, chissà perché, è particolarmente affezionato.
In quasi ogni oggetto che si contende lo spazio perimetrale delle stanze e del cortile vive una storia, vera o presunta tale (la lunghezza del naso del proprietario esclude la certezza assoluta) che si inserisce in una trama di corrispondenze tematiche. Un esempio per tutti: la dialettica tra mantici e soffietti. L’essere nato in un paese del casalasco dove era stata attiva fino agli anni dell’eclissi delle balere, la costruzione artigianale di fisarmoniche di altissimo livello qualitativo, spoetizzatasi poi negli anni settanta in fabbricazione di soffietti protettivi per l’industria, deve avere marcato geneticamente i neuroni del titolare. La senescenza che corrodendo gli strati temporali accumulati nell’esperienza rimette a nudo la scorza dell’infanzia può essere la causa del suo recente interesse per i mantici sonori, un riverbero delle proprie origini territoriali.
Un piccolo campionario di strumenti meccanici e manuali che utilizzano il mantice per esprimersi “siedono” a fianco di soffietti fotografici, raccontando ognuno una propria storia costruttiva e il destino della propria essenza.
Oltre all’anima degli oggetti presenti nella casa è possibile accostarsi, sempre attraverso la parola anche l’assenza corporale così evidente nel silenzio che percorre le vie del paese. L’umanità di Luignano si è prosciugata dagli anni sessanta in poi da ottocento ad ottanta abitanti, la cronaca quotidiana è andata a catafascio ma non la trama della sua storia contadina con le lotte di lega, l’avvento del fascismo, la meccanizzazione e il cambiamento traumatico dei sistemi produttivi. Se chi alloggerà nel B&B “Le Madonne” non fosse in grado di sintonizzarsi medianicamente con qualche vecchio ectoplasma Luignanese, ma fosse interessato a conoscere le coordinate storiche del luogo in cui si trova momentaneamente a soggiornare, il proprietario sarà lieto di mettere a disposizione le proprie conoscenze sugli avvenimenti “forti” o curiosi di questa minuscolo agglomerato padano.
Oltre agli oggetti disseminati nella cascina si può visitare sempre gratuitamente una collezione racchiusa in una teca di vetro e ospitata sotto un barchessale della cascina. Sono il frutto paziente della raccolta nei campi e nei fossi di cose abbandonate, rielaborate poi nel tragitto verso la cascina da una potente ed estrosa dentatura. L’artista raccoglitore di questa “arte poverissima “è Jean Jacques Jotò, il fox terrier del proprietario, un birbone lavativo parente stretto di un cartone animato.
N.B: se scodinzolando tentasse di farvi credere di essere il titolare della cattura di una volpe impagliata che fa brutta mostra di sé sotto il portico, non dategli retta; J.J.J oltre che falso è un gran fifone e fa il gradasso solo con mosche e lucertole.
Bibliografia essenziale:
Giorgio Manganelli, La letteratura come menzogna, prima edizione 1967
Guido Gozzano, L’amica di nonna Speranza
Catalogo della mostra Le fisarmoniche di Luigi Savoia & Figli, San Giovanni In Croce (CR)
Diario del Parroco di Luignano Don Giovanni Maglia 1916-1951
Louis Labrador, I fox terrier cani spergiuri e bugiardied. Frontline 2016